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Come fossi vetro

Con le braccia strette dietro la schiena, ti offro il mio petto nudo per farne scempio con le punte che giri tra le mani. Ti vengo incontro per farmi tagliare la pelle e il respiro. Sei pronta a lacerare con precisione perché la rabbia non è il tuo stile. Le parole non si addicono alla situazione, ed è un impegno minore a cui mi adeguo volentieri.

I lividi, il sangue, i graffi che ci siamo procurati nel tempo erano segni di comunione. Ora sei per dividere, per smembrare, per rovinare, non per guarire. Ci siamo curati, mi piace pensare così, nelle ore passate insieme. A ognuno la sua malattia, a ognuno la sua medicina. Ora mi riduci in pezzi per potermi meglio nascondere, lo capisco, e non ti odio per questo, è il tuo modo. Ti senti offesa dal fatto che venga senza difese. Sarebbe tutto più semplice nella lotta. Ora, così vicino, vedo il peso che porti in mezzo ai seni e che mi hai sempre nascosto. Questa è la mia colpa imperdonabile, vederti come fossi vetro anche se non vuoi. Lascia andare il braccio alto sopra la testa, stringi la presa sul manico, abbandonati alla forza della natura che spinge i corpi verso il basso e buca infine la mia carne. Buca fino a confondere il vecchio con il nuovo, la cura con la malattia, il ritegno con lo sperpero. Ogni colpo sarà per me uguale e benedetto, come quando ci ferivamo per gioco. Tu sei venuta per uccidere, io per sentire quanto sono vivo. Mi regali ora, inconsapevole, per l’ultima volta, l’inutile e sublime bellezza del martirio e questo è il tuo modo splendente di dire addio. Solo il tuo.

(foto originale)

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