Quando te ne andrai, fallo per bene, così come si conviene a quelli della nostra razza. Vattene come sei arrivata, in una notte di pioggia, senza ombrello e preoccupata per i tuoi capelli appena lisciati. Quando te ne andrai, scegli accuratamente il giorno. Scegli bene l’ora, il vestito, le scarpe, come sempre fai. Ti concedo anche la scelta della lama. Ti concedo l’ultima parola. Saranno i nostri ultimi ricordi. Saranno i nostri unici ricordi. Dove tagliare lo scelgo io, permettimelo. Punta la mano affilata sul mio addome, sulla destra, appena sotto le costole, all’altezza dell’ombelico e lasciati guidare. Voglio un taglio perfetto, arco di luna, così che non si confonda col dritto grinzoso della vecchiaia a venire. Premi, ma non troppo, e non aver paura, al resto penso io. Lo faremo guardandoci negli occhi, fidandoci delle mani, sentendo la pelle e la carne, noncuranti del sangue, come abbiamo sempre fatto. Poi alzati e vai via, prendi la strada al contrario, sotto la pioggia, senza ombrello, stretta nel tuo soprabito troppo leggero. Vattene, così come sei arrivata. Vattene e non aver timore degli sguardi, nessuno ti vedrà, proprio come quando sei arrivata. Porta con te la lama sozza e gettala nel lago affinché nulla resti del tuo passaggio se non un curvo rattoppo sulla mia pancia, proprio lì, dove posavi la bocca leggera e stanca, prima di addormentarti, dopo aver fatto l’amore.
(foto originale)