Hai lasciato la pelle bianca sul porto di terraferma e sei venuta a caccia di questa roccia distante annegata in mare. Hai viaggiato malferma verso sud-ovest su un gozzo di pescatori. Altro qui non passa. Altro qui non arriva se non trascinato in catene o sciolto nella corrente. E’ mattina, il sole ti arrossa la pelle e stai un po’ curva contro il soffio di libeccio che ti schianta il petto. Qualcosa nell’aria cambia in spessore e densità mentre ti avvicini. E’ la diversa forma del tuo corpo battuto dagli elementi che io sento venire. Sono gli schizzi di acqua in frantumi sulla chiglia che colpiscono l’attracco a portare in anticipo il tuo nome. Sono le attese e le promesse dentro quel bisbiglio a farmi sussultare. Scendi dal legno, di nuovo ferma sulle gambe, salda coi piedi al suolo. Vieni per incontrare occhi scuri, come quel giorno al porto, quando si camminava insieme e mi chiedesti la stoffa di un braccio teso, un appoggio sicuro per quelle vie gobbe e scoscese. Vieni a cercare, vestita di seta e fiori, la voglia di fuggire in notti di bettole nascoste, di mani nervose e tamburellanti sui banconi, di gambe che si strisciano sotto i tavoli, di fianchi spalmati su vetrine di antiquari. Ti sento, vieni in rovina della mia pace di pietra, a rompere il tempo minerale che mi sono costruito intorno. Vieni dolce e decisa a conquistare bastioni secolari. Dove fallirono navigli d’Arabia, carestie, febbri e invidie di signori, bastano ora le tue spalle nude e il mento ritto alle ore di mezzogiorno per sbaragliare queste mura. Le cose terrene passano lente su quest’isola, le nuvole veloci. Come nuvola vieni e mi passi sul capo, compatta e morbida, per portare prima ombra e poi disfarti nelle mille cose in cui si disfanno le nuvole – fantasia di bambino, sospiro di amante, animale antico, viaggio di carcerato. Pioggia vieni, infine. Annunciata, come il temporale estivo che avanza dai campi, prima che lo scuro alla vista, il tuo odore di terra si punta alle narici. Qui, dove tutto è senso di sale, tu vieni come cosa viva. Tu vieni come tutto questo, e io, che non ti aspetto, leggo al fresco di un albero di fico i vecchi poeti americani e le loro parole ruvide mi riempiono lo stomaco con idee di morte e civiltà.
(foto originale di Eye Light)