Conosco una smilza, stasera. Ballerina classica e studente di filosofia. Non ha tette, è piatta come una tavola per stendere la pasta, quasi buona per farci le orecchiette sopra. Ha degli occhi grandi, la smilza, marroni, profondi come il cuba libre che bevo e uno sguardo che ti punta come a dire – “ebbè, non ho le tette, e allora? Tu il cazzo ce l’hai?”. Io a questa domanda, a quel suo sguardo, mi ritraggo. “Ok, facciamo che tu non hai le tette ed io non ho il cazzo. A me va bene così.” – mi dico. Ha uno sguardo intelligente, la smilza, troppo intelligente per i suoi venti anni. Vent’anni? E che cristo! Ha il naso piccolo e adunco, ma bello, la smilza, uno di quei nasi antichi. Ha un colore pallido, il suo viso, di quel pallido da foto sbiadita dal tempo. Ha una pelle che tu non sai, non sai proprio se sia mai stata carezzata da mano d’uomo, tanto sembra nuova. Ha i capelli corti, la smilza, arruffati, che gettano le sue ossa leggere tra il popolino affamato di una Parigi rivoluzionaria. A me, questo casino delle sue membra e del suo viso, piace. Piace un bel po’. Mi dà un senso di pace il suo corpo, il suo viso che è un po’ un casino. A me il casino dà un senso di pace, di una cosa che non puoi rovinare con il tuo comportamento stupido e le tue parole sbagliate. “La tua faccia, il tuo corpo, è come Napoli, un po’” – le dico. Ad una giovane donna, così fragile, puoi dirle e farle quello che vuoi, penso, lei sarà sempre un passo davanti a te, sbagliata e sorridente e tu non puoi farle del male. Lei può farne a te, di male, un casino. Come Napoli.